Prof. Giuseppe Maruccio
1. La specie in esame
L’Agenzia delle entrate contestava ad una s.r.l. una maggiore irapin relazione alla mancata contabilizzazione di ricavi derivanti dalla prestazione di servizi resi in outsourcing.
L’accertamento veniva impugnato dalla s.r.l..
La Commissione tributaria provinciale rigettava il ricorso con sentenza riformata in appello. L’Agenzia delle entrate ricorreva dunque per Cassazione censurando la sentenza impugnata nella parte in cui dichiarava l’illegittimità dell’avviso di accertamento per difetto di sottoscrizione non avendo lo stesso Ufficio dimostrato il corretto esercizio del potere di firma e la presenza di una eventuale delega.
2. Il principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte “In caso di contestazione specifica da parte del contribuente in ordine ai requisiti di legittimazione del sottoscrittore dell’avviso, incombe sull’Amministrazione l’onere di fornire la prova della sussistenza di tali requisiti. L’Amministrazione finanziaria è tenuta, quindi, con onere della prova a suo carico (anche per il principio di vicinanza alla prova), a dimostrare la sussistenza della delega, potendo produrla anche nel secondo grado di giudizio, in quanto la presenza o meno della sottoscrizione dell’avviso di accertamento non attiene alla legittimazione processuale”.
Questo il principio di diritto ribadito con ordinanza n. 8009 (Pres. Lenoci, Rel. Angarano) del 26 marzo 2025 dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione.
3. La sentenza della Suprema Corte
La Corte di Cassazione, respinto il ricorso dell’Ufficio, ha ricordato come, secondo giurisprudenza consolidata, “l’avviso di accertamento è nullo, ai sensi dell’art. 42 d.P.R. n. 600 del 1973 se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. In caso di contestazione, incombe all’Agenzia delle Entrate l’onere di dimostrare il corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza di eventuale delega, trattandosi di un documento, se esistente, già in possesso dell’Amministrazione finanziaria, mentre la distribuzione dell’onere della prova non può subire eccezioni” .
4. Precedenti giurisprudenziali
La Suprema Corte, gia’ con sentenza n. 19190 del 17/7/2019,argomentava al riguardo.
Infatti, giova al riguardo rammentare che, dalla richiamata sentenza n. 19190 del 17 luglio 2019, si evince che il ricorrente, con il primo motivo di impugnazione, deduceva “Violazione e mancata applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 4, comma 2; violazione e mancata applicazione del D.Lgs. n. 300 del 1999, artt. 19 e 53; violazione e mancata applicazione dell’art. 2697 c.c.; denunzia ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, e art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5″, in quanto, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice di appello, a seguito di specifica contestazione del contribuente, incombe sull’amministrazione l’onere di dimostrare che l’avviso di accertamento è stato sottoscritto da un soggetto con la qualifica dirigenziale. Non può incombere sul contribuente l’obbligo di dimostrare un fatto negativo. Inoltre, è erronea l’affermazione che l’avviso di accertamento possa essere sottoscritto anche da chi non è in possesso della qualifica dirigenziale.
La Suprema Corte riteneva fondata la riferita doglianza.
Infatti, il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 17, comma 1 bis, (funzioni dei dirigenti) prevede che ” I dirigenti, per le specifiche e comprovate ragioni di servizio, possono delegare per un periodo di tempo determinato, con atto scritto e motivato, alcune delle competenze complesse delle funzioni di cui al comma 1, lett. B), D) ed E), a dipendenti che ricoprano le posizioni funzionali più elevate nell’ambito degli uffici ad essi affidati. Non si applica in ogni caso l’art. 2103 c.c.“.
All’art. 17 citato, comma 1, si dispone che “i dirigenti, nell’ambito di quanto stabilito dall’art. 4, esercitano, fra gli altri, i seguenti compiti e poteri:… B) Curano l’attuazione dei progetti e delle gestioni ad essi assegnati dai dirigenti degli uffici dirigenziali generali, adottando i relativi atti e provvedimenti amministrativi… D) dirigono, coordinano e controllano l’attività degli uffici che da essi dipendono e dei responsabili dei procedimenti amministrativi, anche con poteri sostitutivi in caso di inerzia; E) provvedono alla gestione del personale e delle risorse finanziarie e strumentali assegnate ai propri uffici”.
Il D.P.R. n. 266 del 1987, art. 20, dispone, poi, che “il personale appartenente alla nona qualifica funzionale, istituita dal D.L. 28 gennaio 1986, n. 9, art. 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 1986, n. 78, espleta le seguenti funzioni: a) sostituzione del dirigente in caso di assenza o impedimento; b) reggenza dell’ufficio in attesa della destinazione del dirigente titolare”.
Il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, stabilisce che “gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d’ufficio sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi sottoscritti dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato”.
Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 11, comma 2, (capacità di stare in giudizio), all’epoca vigente, prevede che “l’ufficio delle Ministero delle Finanze nei cui confronti è proposto il ricorso sta in giudizio direttamente o mediante l’ufficio del contenzioso della direzione regionale o compartimentale ad esso sovraordinata“. Quest’ultima norma rileva in quanto la questione della sottoscrizione dell’avviso di accertamento è strettamente connessa con quella della legittimazione sostanziale e processuale degli uffici periferici nel processo tributario.
Per giurisprudenza consolidata della Suprema Corte (cfr. Cass., 14 giugno 2013, n. 14942), in tema di rettifica ed accertamento IVA ai fini delle imposte dirette, l’avviso di accertamento è nullo, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, richiamato dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 56, (che opera un generale rinvio al cit. D.P.R. n. 600, art. 1), se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato; in caso di contestazione, incombe all’Agenzia delle Entrate l’onere di dimostrare il corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza di eventuale delega, trattandosi di un documento, se esistente, già in possesso dell’amministrazione finanziaria, mentre la distribuzione dell’onere della prova non può subire eccezioni (cfr. Cass., 14626/2000; Cass, 17400/2012; Cass., 9 novembre 2015, n. 22800).
Pertanto, non è consentito al giudice tributario attivare d’ufficio poteri istruttori, in ragione del fatto che non sussiste l’impossibilità di una delle parti di acquisire i documenti in possesso dell’altra, mentre le parti possono sempre produrre, anche in appello, nuovi documenti nel rispetto del contraddittorio, ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 58, comma 2.
Si è precisato che deve ritenersi, in base al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, commi 1 e 3, che gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d’ufficio sono nulli tutte le volte che gli avvisi nei quali si concretizzano non risultino sottoscritti dal capo dell’ufficio emittente o da un impiegato della carriera direttiva (addetto a detto ufficio) validamente delegato dal reggente di questo. Ne consegue che la sottoscrizione dell’avviso di accertamento – atto della p.a. a rilevanza esterna – da parte di funzionario diverso (il capo dell’ufficio emittente) da quello istituzionalmente competente a sottoscriverlo ovvero da parte di un soggetto da detto funzionario non validamente ed efficacemente delegato non soddisfa il requisito di sottoscrizione previsto, a pena di nullità, dall’art. 42, commi 1 e 3, dinanzi citato (cfr. Cass., 14195/2000).
La Suprema Corte, con precedenti pronuncie (cfr. Cass., 29 marzo 2019, n. 8814; Cass., 19 aprile 2019, n. 11013), pur modificando il proprio orientamento (cfr. Cass., 22803/2015) in tema di delega di firma (non delega di funzioni), ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, ritenendo irrilevante la mancata indicazione del nominativo del soggetto delegato, nè della durata della delega (essendo sufficiente l’indicazione della qualifica rivestita), ha però ribadito che, in caso di contestazione specifica da parte del contribuente in ordine ai requisiti di legittimazione del sottoscrittore dell’avviso, incombe sulla amministrazione fornire la prova della sussistenza di tali requisiti in capo al sottoscrittore.
L’Amministrazione finanziaria, in caso di contestazione, è tenuta, quindi, con onere della prova a suo carico (anche per il principio di vicinanza alla prova ex Cass., 2 dicembre 2015, n. 24492), a dimostrare la sussistenza della delega, potendo produrla anche nel secondo grado di giudizio, in quanto la presenza o meno della sottoscrizione dell’avviso di accertamento non attiene alla legittimazione processuale (cfr. Cass., 14626/2000; Cass., 14195/2000; Cass., 17044/2013; Cass., 12781/2016; Cass., 14942/2013; cass. 18758/2014; Cass., 19742/2012; Cass., 332/2016; Cass., 12781/2016; Cass., 14877/2016; Cass., 15781/2017; Cass., 5200/2018).
Si è anche affermato che in ipotesi specifiche, per la cartella esattoriale, il diniego di condono, l’avviso di mora e l’attribuzione di rendita, in mancanza di una sanzione espressa, opera la generale presunzione di riferibilità dell’atto all’organo amministrativo titolare del potere nel cui esercizio esso è adottato (cfr. Cass., 31 ottobre 2018, n. 27871).
Diversamente, in caso di legittimazione processuale degli uffici periferici delle Agenzie, sì è ritenuto che l’ufficio periferico dell’Agenzia delle entrate è rappresentato in giudizio dal titolare dell’organo che, qualora non intenda trasferire il potere di rappresentanza processuale ad altro funzionario, può demandare, nell’esercizio dei poteri di organizzazione e gestione delle risorse umane, la sola materiale sottoscrizione dell’atto difensivo ad un “delegato alla firma”, mero sostituto nell’esecuzione di tale adempimento, sicchè, ove l’atto difensivo sia stato sottoscritto dal delegato alla firma con la chiara indicazione della relativa qualità (ad esempio, con formula “per il dirigente”), l’ufficio periferico deve presumersi ritualmente costituito in giudizio a mezzo del dirigente legittimato processualmente, non essendo sufficiente la mera contestazione per fare insorgere l’onere in capo all’Amministrazione finanziaria di fornire la prova dell’atto interno di organizzazione adottato dal dirigente (cfr. Cass., 14 ottobre 2015, n. 20628).
Si è ritenuto, infatti, che la legittimazione processuale degli uffici locali dell’Agenzia delle entrate trova fondamento nelle norme del “Reg. di amministrazione” n. 4 del 2000, adottato ai sensi del D.Lgs.30 luglio 1999, n. 300, art. 66; ne consegue che agli uffici periferici va riconosciuta la posizione processuale di parte e l’accesso alla difesa davanti alle commissioni tributarie, permanendo la vigenza del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 10 e 11. In tal caso essi possono essere rappresentati tanto dal rispettivo direttore, quanto da altra persona da lui delegata (cfr. Cass., 3 ottobre 2014, n. 20911).
Diversa ancora è l’ipotesi della “reggenza”, in quanto si ritiene che l’avviso di accertamento è valido ove sia sottoscritto dal “reggente” (nella specie, il capo dell’area controllo), ossia dal soggetto chiamato, ai sensi del D.P.R. n. 266 del 1987, art. 20, comma 1, lett. a) e b), a sostituire temporaneamente il dirigente assente per cause improvvise in tutte le funzioni svolte dallo stesso ai fini della direzione dell’Ufficio (cfr. Cass., 7 novembre 2018, n. 28335).